15 – Fare Cosmo: il Groviglio dell’Universo

“In questo momento mi occupo, come tutti, del big bang, la creazione dell’universo, la curvatura infinita, cose così. Come è avvenuto il big bang? Credo che all’origine delle cose non ci sia il big bang, ci sia la Z […] Sì, il big bang bisognerebbe sostituirlo con la Z, che di fatto è lo Zen, che è il percorso della mosca. Cosa significa? Per me invocare lo zigzag, è quello che dicevamo prima, niente universali, ma insiemi di singolarità. Il problema è come mettere in relazione delle singolarità disparate o dei potenziali […] c’era l’oscuro precursore, e poi il lampo. È così che nasce il mondo. C’è sempre un oscuro precursore, che nessuno vede. E poi il lampo che illumina. E il mondo, e il pensiero dovrebbe essere questo. La filosofia dovrebbe essere così, ecco la grande Z”.

(G. Deleuze, Abecedario)

                                                      

La cosmologia rappresenta il margine del pensiero contemporaneo, l’impensato di ogni riflessione ontologica e metafisica: all’ombra della metafisica e ai bordi dell’ontologia, sovvertendo i cardini della prima ed espandendo i confini della seconda, la potenza del cosmologico è un’avventura delle idee ancora in parte inesplorata a livello filosofico, ma anche un azzardo teoretico e poietico su cui la contemporaneità sembra chiedere di scommettere.

Si tratta dunque di percorrere una linea minore di pensiero di cui sondare gli effetti pratici e la profondità teorica.

La cosmologia si nutre del compito inestinguibile di articolare un pensiero sulla globalità, l’intero e il tutto, nella consapevolezza della sua radicale e contraddittoria apertura, nonché della sua strutturale ambivalenza: da un lato ogni riflessione cosmologica implica una teoria del tutto, dall’altra essa non cessa di figurarlo nella sua infinita e costantemente rinviata evenemenzialità. Quella della cosmologia è dunque una vocazione destinale per il paradossale, e il chimerico, per un fecondo fallimento sempre a-venire che, nel tentativo di determinare il perimetro «di un mondo di variazione universale, di ondulazione universale, di sciabordio universale» (Deleuze 2016: 73), non trova che i limiti-dinamici di un cosmo costantemente in espansione, la cui potenza è in linea di principio incircoscrivibile, senza per questo essere in alcun modo trascendente.

Il pensiero deleuziano può fare da apripista in tal senso, disegnando i margini di una nuova geografia del cosmo: la visione assoluta ed assolutamente immanente del reale convoglia all’interno della riflessione filosofica la necessità bifronte e paradossale di tenere insieme una concezione globale del tutto nella sua dimensione di articolazione evenemenziale e sempre aperta.

Il quesito pulsante al centro del presente numero deLa Deleuziana è quindi quale sia l’utilità (per la vita e per il pensiero) di una teoria del tutto, nonché quale possa essere lo statuto del concetto di totalità nel pensiero deleuziano e, più in generale, nel pensiero contemporaneo.

Ad oggi riesumare il cadavere di una teoria del tutto, di cui forse non si riconosce nemmeno più il volto, non può che coincidere con la volontà di risemantizzarne i termini e i confini, erodendone i presupposti proprio dall’interno, ovvero intensivamente: è questo lo spazio teoretico che il pensiero di Deleuze sembra far intravedere e di cui sondare l’euristicità.

Problematizzare il rapporto tra ontologia, cosmologia e metafisica, pensare alle loro possibili giunzioni e disgiunzioni, è la forma che la domanda intorno alla possibilità di pensare la filosofia deleuziana come una vera e propria cosmologia assume in questo numero.  L’abbozzo di una cosmologia trasversale, transfrontaliera e transpecifica sembra fare capolino nelle riflessioni deleuziane, ma si tratta in parte di compiere un lavorio di “macchinazione ermeneutica” (Vignola 2018) sul tema, cogliendo le “implicature” che l’opera deleuziana non cessa di produrre. Il pensiero di Deleuze sembra cioè fare segno della necessità di una cosmologia, ma la potenza del cosmologico è in parte ancora un terreno inesplorato.

Uno dei nodi problematici che questo numero si propone di analizzare è certamente quello fra ragione e cosmologia. Dopotutto, la cosmologia, almeno agli occhi dei moderni, ha sempre portato con sé un non-so-che di irragionevole, o addirittura di primitivo, per usare un termine desueto e stantio. La cosmologia è sempre sembrata il rovescio della mappa del mondo razionale, in cui agiscono potenze che sfuggono alle costrizioni moderne. In che modo, dunque, si possono mettere in relazione un nuovo pensiero cosmologico e la ragione, intesa nel senso più ampio possibile del termine?

Tutto il pensiero di Deleuze, d’altronde, porta i segni di questo scontro con la ragione, il ragionevole, il buonsenso. Il suo uso degli strumenti prodotti dalle scienze è sempre stato un conflitto sottile, ma costante, con gli usi limitati che la società capitalista attribuiva a quelle stesse armi concettuali. In che modo questo conflitto, l’affermazione di nuovi usi per antichi strumenti, possono proseguire in una nuova cosmologia di stampo deleuziano?

Un’altra pista da percorrere è il rapporto tra virtualità e cosmo, esplorando in che senso un trascendentale che non sia più ampio di tutte le sue esplicazioni possa configurarsi come pre-condizione mobile di ognuna delle sue espressioni, chiedendosi del resto in che termini il virtuale possa coincidere con la (cosmo)genesi senza inizio di tutte le cose, nient’altro che uno zigzag cosmico.

Il pensiero di Deleuze sembra spingere virulentemente a interrogare i filosofemi dell’inizio e della fine (di ogni cosa) e a farlo in una chiave cosmica, ingaggiando un corpo a corpo con reificazioni assolutizzanti dei concetti di inizio e fine, che tendono a essere assimilati a punti sorgivi o a chiusure ermetiche e definitive. Al contrario, Deleuze ne rileva il continuo smarginamento, ne sonda l’apertura e l’illimitatezza.

In questa prospettiva l’inizio del mondo, della filosofia e del pensiero non sono altro che gli effetti ottici illusori del paradigma della rappresentazione a cui occorre sostituire quello della differen t/z iazione e della genesi, potenze dinamiche che aprono come una smarginatura a ventaglio a un passato puro che orla virtualiter ogni attualizzazione, senza mai determinare un punto alfa di inizio.

Il virtuale è l’ombra del cosmo, il passato che rincorre topologicamente ogni linea e occasione dell’attuale senza mai trascenderlo; il passato puro per Deleuze è cioè una traccia indelebile che marca ogni determinazione e la collega a un campo informale senza origine da cui ognuna di esse affiora in superficie. La crudeltà dell’inizio è la sua strutturale assenza e il suo stato di continua disparatezza. Per Deleuze: «ogni cominciamento filosofico, vale a dire la Differenza è già in sé Ripetizione» (2010: 169-170). Il tessuto cosmico dell’immanenza è dunque un groviglio reticolare dove l’origine sprofonda nel tunnel infinito dell’evento, «un labirinto invisibile, incessante, d’una sola linea retta» (Deleuze 2021: 44), che non ha né origine né fine.

Il cosmo nella sua virtualità è un precursore oscuro che precede come un tuono ogni lampo e raffica (dell’attuale) non cessando mai di guidarne l’evoluzione intensiva. Il precursore oscuro è un prima topologico e senza tempo, che vibra di una temporalità non pulsata e cosmica: il prima (virtuale) è cioè simultaneo a ogni ora (attuale) ed è questa la potenza del cosmo, rompere ogni diacronia, verso una temporalità out of joint, perfetta sincronia dell’eterno.

L’evoluzione del cosmo si configura del resto come la continua instaurazione di un equilibrio metastabile tra chaos e kosmos. La traiettoria che unisce ordine e caos è quella di una sintesi disgiuntiva raccolta nella caosmosi guattariana (Guattari 2020), parola-baule ancora poco studiata e che tale numero deLa Deleuziana si propone di approfondire. L’obiettivo è quello di evidenziare la mutualità ineliminabile tra quella linea di fuga che è la virtualità del cosmo e del piano di immanenza, molteplicità informale che setaccia il caos e dà una consistenza alle sue velocità infinite (Deleuze Guattari 2002: 33) e le linee molari che presiedono al formarsi di ogni strutturazione ordinata e gerarchizzante. In ultima analisi, si tratta di problematizzare il rapporto tra virtuale e attuale, cogliendo la potenza di tale nesso nel suo respiro cosmico.

Un altro nodo d’interesse di questo numero è l’elaborazione di quella che potremmo definire una cosmologia della sragione, prosecuzione di quel rapporto travagliato fra pensiero razionale e cosmologia. Deleuze non fece dopotutto mistero di immaginare la sua filosofia come un’operazione di aberrazione teoretica. È diventato quasi un cliché associare il pensiero di Deleuze, con o senza Guattari, alla follia, intesa tanto in un senso liberatorio ed esplosivo quanto paranoico e distopico. Dai segni nomadi di Artaud fino al controllo molecolare degli ultimi scritti, la riflessione deleuziana è percorsa da cima a fondo da un pensiero, complesso e non-medicalizzante, della sragione. E Deleuze stesso, in fondo, definì il suo pensiero nientemeno che una science-fiction apocalittica. In che modo, dunque, apocalisse e follia interagiscono con il pensiero del cosmo? Può darsi un deleuzismo delle ultime cose? Un cosmo aberrante?

Un ulteriore itinerario di interesse che sembra emergere spontaneamente all’interno del pensiero contemporaneo è un possibile terreno di alleanza tra i quesiti che la filosofia deleuziana lascia aperti e l’antropologia. Riveste particolare rilevanza a tal proposito il tema di cosmologie non-occidentali (Viveiros de Castro 2017a, 2017b 2019) che sono in grado di riconfigurare la forza cosmologica e cosmomorfa (Montebello 2016) di una filosofia del divenire-altro che decompone i binarismi classici del pensiero moderno (natura/cultura, maschile/femminile, anima/corpo, soggetto/oggetto…), proponendo un sorprendete ritorno alle cose, agli enti del mondo e alle dinamiche di divenire che essi sono in grado di mobilitare.

Infine, questo numero accoglierà anche pezzi di fiction o theory-fiction. Mossi dalla convinzione che fare cosmo non possa ridursi alla sola filosofia, ricercheremo metodi alternativi per sondare le visioni cosmologiche. La narrazione verrà trattata come un modo per costruire universi in provetta e verrà misurata la capacità di provocare o inibire visioni cosmologiche.

Principali (ma non esclusive) piste teoretiche:

  1. Differenza tra cosmologia, metafisica e ontologia. Che rapporto c’è tra la cosmologia, la storia della metafisica e il pensiero occidentale? Il pensiero di Deleuze può essere considerato una cosmologia? Qual è l’utilità (per la vita, per il pensiero) di una teoria del Tutto? Che statuto ha il concetto di totalità all’interno del pensiero deleuziano e contemporaneo?
  • Rapporto tra razionalità, speculazione scientifica e cosmologia. Qual è il rapporto fra pensiero cosmico e ragione scientifica? Come articolare un’epistemologia del problematico? Quali logiche (del virtuale, dell’evento) possono sostenere un reale pensiero speculativo? Quali logiche sono proprie di un pensiero cosmologico? Esiste una Ragione cosmica al di là della modernità occidentale?
  • L’inizio e la fine di ogni cosa. In che modo il pensiero di Deleuze può risemantizzare i concetti di inizio e fine del mondo, del cosmo? Qual è l’avvenire della filosofia come fantascienza apocalittica? Qual è lo statuto ontologico del concetto di cosmogenesi in una cosmologia del divenire?
  • Delirio e cosmo. Come riattivare il pensiero caosmotico nel pensiero contemporaneo? Che ruolo hanno il delirio e l’aberrante nella cosmologia deleuziana? Che rapporto (o conflitto) unisce ragione e caos? Quale cosmologia per il crudele? Per la schizofrenia? Per l’asignificante? Per la misosofia primaria? Quale cosmo per la creazione?
  • Cosmologie non-occidentali. Che rapporto può intrattenere il pensiero deleuziano con la pluralità di cosmologie non-occidentali? Come immaginare nuovi rapporti con la Terra, i non-umani, l’inumano? Come superare i dualismi del pensiero moderno (natura/cultura, maschile/femminile, anima/corpo, soggetto/oggetto…)?
  • Filo-fiction e cosmo. In che modo il gesto letterario, poetico, può essere espressione di una visione cosmologica radicale? In che modo la letteratura contemporanea ha sperimentato nuove immagini del cosmo (new weird, splatterpunk, elevated horror…)?

BIBLIOGRAFIA

Deleuze, G. (2021). Critica e Clinica. Milano: Raffaello Cortina

Deleuze, G. (2016). L’immagine-movimento. Cinema 1. Torino: Einaudi.

Deleuze, G. (2010). Differenza e ripetizione. Milano: Raffaello Cortina.

Deleuze, G. & Guattari, F. (2002). Che cos’è la filosofia? Einaudi: Torino.

Guattari, F. (2020). Caosmosi. Milano-Udine: Mimesis.

Montebello, P. (2016). Métaphysiques cosmomorphes: La fin du monde humain. Parigi: Les presses du réel.

Vignola, P. (2018) La funzione N. Sulla macchinazione filosofica in Gilles Deleuze. Napoli-Salerno: Orhotes.

Viveiros de Castro, E. (2019). Prospettivismo cosmologico in Amazzonia ed altrove. Macerata: Quodlibet.

Viveiros de Castro, E. & Dnowski D. (2017a). Esiste un mondo a venire? Saggio sulle paure della fine. Milano: Nottetempo.

Viveiros de Castro, E.  (2017b).  Metafisiche cannibali. Elementi di antropologia post-strutturale. Verona: Ombre Corte.

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